Statua di Psammetico II. Parigi, Museo del Louvre.
Signore dell'Alto e del Basso Egitto
In carica
595 a.C. – 589 a.C.
Predecessore
Necao II
Successore
Aprie
Nome completo
Neferibra Psametek
Morte
589 a.C.
Dinastia
XXVI dinastia egizia
Padre
Necao II
Madre
Khedebneithirbinet I
Consorte
Takhuit
Figli
Aprie Ankhnesneferibra
Psammetico II, noto anche come Neferibra Psametek (greco Ψαμμήτĭχος[1]; ... – 589 a.C.), è stato un sovrano egizio della XXVI dinastia egizia.
Indice
1Biografia
2Titolatura
3Note
4Altri progetti
5Collegamenti esterni
Biografia
Figlio di Necho II dovrebbe aver regnato per soli sei anni, dal 595 a.C. al 589 a.C., come riportano Sesto Africano ed Erodoto e non diciassette come afferma Eusebio di Cesarea. L'attività di questo sovrano si svolse principalmente nel confronto con la Nubia dove regnavano i discendenti dei sovrani della XXV dinastia.
La spedizione avvenne nel 592 a.C. e partendo da Elefantina raggiunse la terza cateratta sconfiggendo il re Anlamani, o il fratello Aspelta, suo successore. Dopo la vittoria le truppe egizie, composte prevalentemente di mercenari libici, si ritirarono nuovamente a nord della 1ª cateratta. Una fonte, un papiro demotico, riporta di un viaggio di Neferibra in Palestina, motivato probabilmente dalla stipulazione di trattati commerciali e dal tentativo di recuperare, almeno in parte, l'influenza perduta dopo la sconfitta di Necho II per mano dei Babilonesi. Nel 593 a.C. Neferibra fece adottare la figlia Ankhnesneferibra dalla Divina Sposa di AmonNitokris I in qualità di sua erede nel titolo. Come già per Psammetico I anche i questo caso la lettura del nomen è controversa e potrebbe derivare da un errore di trascrizione di un nome non egizio.
Due obelischi di granito furono eretti da Psammetico II ad Helipolis per il primo giubileo di regno, probabilmente celebrato in anticipo, visto il che regnò solo 6 anni. I geroglifici celebravano il faraone, raffigurato in forma di sfinge, con i consueti titoli onorifici. Uno di questi obelischi fu portato a Roma da Augusto per celebrare la conquista dell'Egitto e per farne lo gnomone di un orologio solare in Campo Marzio. Nel 1700 l'obelisco, ritrovato semisepolto e in pezzi, fu restaurato con pezzi di granito rosso della Colonna antonina e rialzato ed è ora noto come «Obelisco di Montecitorio».